La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza n. 5529/2025, è tornata a giudicare sui criteri di imputabilità al contribuente verificato delle movimentazioni bancarie transitate su conti correnti intestati a terzi.
Nella specie, la Cassazione ha affermato quanto segue:
“3.1. In tema di accertamenti bancari, gli artt. 32 del DPR n. 600 del 1973 e 51 del DPR n. 633 del 1972 prevedono una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici, e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze. (Cass. 30.6.2020, n. 13112).
3.2. In ordine ai conti formalmente intestati a terzi si è affermato che gli artt. 32 DPR n. 600 del 1973 e 51 DPR n. 633 del 1972 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su detti ultimi, che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi ai medesimi, sulla base di elementi indiziari. Si è aggiunto che all’utilizzabilità dei dati non è di ostacolo il divieto di doppia presunzione, attenendo quest’ultimo alla correlazione tra una presunzione semplice ed un’altra presunzione semplice, e non già al rapporto con una presunzione legale, quale è quella che ricorre nella fattispecie in esame (Cass. 16.6.2017, n. 15003, Cass. 1.2.2016, n. 1898, Cass, 21.12.2007, n. 27032). Per altro, la prova inferenziale che sia caratterizzata da una serie lineare di inferenze, ciascuna delle quali sia apprezzata dal giudice secondo criteri di gravità, precisione e concordanza, fa sì che il fatto noto attribuisca un adeguato grado di attendibilità al fatto ignorato, il quale cessa pertanto di essere tale divenendo noto, ciò che risolve l’equivoco logico che si cela nel divieto di doppie presunzioni (Cass. 7.12.2020, n. 27982). Si è precisato, quindi, che la disposizione non limita l’acquisizione della documentazione ai soli conti bancari formalmente intestati al contribuente sottoposto ad accertamento, sicché si deve ritenere estesa anche ai conti correnti intestati a terzi soggetti, ma alla condizione che, pur in mancanza della formale titolarità, il conto sia nella disponibilità di fatto del contribuente sottoposto a verifica fiscale. L’onere probatorio relativo alla presenza di tali condizioni – formale intestazione ovvero disponibilità di fatto del conto – compete all’Ufficio; ove il medesimo sia stato assolto, opera la presunzione legale stabilita dall’art. 32, primo comma, n. 2, DPR n. 600 del 1973 secondo cui i versamenti e i prelievi devono essere considerati proventi dell’attività svolta dall’interessato, con spostamento dell’onere probatorio sul contribuente, al quale spetta fornire la prova contraria, dimostrando che si tratti di somme comprese nella determinazione del reddito o che non abbiano rilevanza reddituale. Pertanto, in caso di conti bancari di cui sia formalmente titolare il contribuente, la presunzione che gli importi versati siano frutto di compensi è immediatamente applicabile; nel caso di conti intestati a terzi, l’Ufficio, al fine di avvalersi della presunzione legale in oggetto, deve fornire la previa prova, anche per presunzioni (purché qualificate), che il conto bancario intestato a terzi sia nell’effettiva disponibilità del contribuente, al quale pertanto sono attribuibili le movimentazioni fiscalmente rilevanti (Cass. 31.8.2022, n. 25663, Cass. 20.12.2018, n. 32974; Cass. 13.4.2012, n. 5849; Cass. 12.1.2009, n. 374).
3.3. La CTR non si è attenuta a questi principi; in particolare, pur avendo dato atto nello svolgimento del processo che l’accertamento si era fondato anche sull’attribuzione al contribuente delle movimentazioni registrate su conti correnti intestati a terzi, non ha verificato – come era suo onere, anche in ragione quanto dedotto dal contribuente per ciascuno di esso – che l’Ufficio avesse dato prova che gli stessi, per l’anno oggetto di indagine, fossero riconducibili all’attività imprenditoriale del primo. Così facendo, ha trattato i conti intestati a terzi alla strega di quelli intestati al contribuente incorrendo nella violazione di legge censurata.
4. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio-sezione staccata di Latina, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità”.
Dunque, nel caso di conti correnti intestati a soggetti terzi rispetto al contribuente accertato o verificato, è necessario che l’Agenzia delle Entrate provi (anche avvalendosi di presunzioni qualificate – e, quindi, non “semplici” – che i conti siano nell’effettiva disponibilità del primo (il quale, ad esempio, ha una delega ad operare, o comunque esegue delle movimentazioni ad esso riconducibili). Solo a seguito dell’assolvimento di detta prova da parte del Fisco, potrà operare la presunzione di attribuibilità delle movimentazioni al contribuente accertato o verificato.
In mancanza di tale prova, Il Fisco non potrà utilizzare ai fini accertativi le risultanze di dette movimentazioni bancarie.
Avv. Giuseppe Marino – avvocato tributarista, cassazionista
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